Gli uomini passano, le idee restano, restano le loro tensioni morali, continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini.
Giovanni Falcone.
23 maggio 1992: Giovanni Falcone, direttore degli affari penali del ministero di Grazia e Giustizia e candidato alla carica di Superprocuratore Antimafia, è appena atterrato all'aeroporto di Punta Raisi con la moglie Francesca Morvillo, magistrato anche lei.
Alle ore 17:58, sull'autostrada Trapani-Palermo, nei pressi di Capaci, una tremenda deflagrazione li uccide, insieme agli uomini della scorta, Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco di Cillo.
Il processo per la strage di Capaci.
7 aprile 2000: La Corte d'Assise di Caltanissetta ha concluso il processo d'Appello per la strage di Capaci. Condannati all'ergastolo, per responsabilità ed organizzazione dell'attentato, i boss della Cupola; grazie alle attenuanti previste per i collaboratori di giustizia, condanne al di sotto dei venti anni per i pentiti Salvatore Cancemi e Giovanni Brusca, l'uomo che azionò il telecomando.
In appello sono stati unificati i due tronconi in cui era diviso in primo grado il processo. Il 26 settembre 1997 e il 28 novembre 1997 i giudici della Corte d'Assise di Caltanissetta avevano inflitto ventiquattro ergastoli ai boss e ventisei anni a Brusca.
Il 31 maggio 2002 brusca inversione di tendenza: la V sezione penale della Corte di Cassazione ha annullato, con rinvio a Catania, le condanne inflitte a 13 dei mafiosi accusati di essere i mandanti della strage di Capaci, sconfessando così il "teorema Buscetta", secondo il quale l'appartenenza alla cupola di Cosa nostra comporta automaticamente l'adesione di tutti i boss alle decisioni della cupola stessa.
Non ho mai chiesto di occuparmi di mafia. Ci sono entrato per caso. E poi ci sono rimasto per un problema morale. La gente mi moriva attorno.
Paolo Borsellino
19 luglio 1992: alle ore 16,58 la violentissima esplosione di un'autobomba, parcheggiata in via D'Amelio, a Palermo, uccide Paolo Borsellino, Procuratore aggiunto presso la Procura distrettuale della Repubblica di Palermo e gli agenti di scorta Claudio Traina, Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli e Eddie Walter Cosina.
Il processo per la strage di via D'Amelio.
Il processo si divide in tre filoni.
Il primo si è concluso il 18 dicembre 2000. La I sezione penale della Cassazione ha reso definitiva la condanna all'ergastolo per Salvatore Profeta, esecutore materiale della strage. Definitiva anche la condanna a nove anni inflitta per favoreggiamento a Giuseppe Orofino. Confermata l'assoluzione di Pietro Scotto, presunto intercettatore dell'utenza telefonica della madre di Borsellino. La Cassazione ha inoltre confermato la condanna a diciotto anni per il collaboratore di giustizia Vincenzo Scarantino, che non aveva presentato ricorso.
È stato così confermato il verdetto emesso in secondo grado il 23 gennaio '99 dalla Corte di Assise di Appello di Caltanissetta. Scotto era stato infatti totalmente assolto dalle accuse, mentre la condanna di Orofino era stata derubricata in favoreggiamento. Contro l'assoluzione di Scotto e la diminuzione di pena di Orofino avevano fatto ricorso la Procura nissena e la parte civile.
In primo grado, il 27 gennaio 1996, erano stati inflitti tre ergastoli per strage a Salvatore Profeta, Giuseppe Orofino e Pietro Scotto; diciotto anni a Vincenzo Scarantino, che ha ritrattato in appello le sue dichiarazioni, sostenendo di essere stato guidato da magistrati e investigatori.
Per i processi bis e ter, che vedono imputati la Cupola di Cosa Nostra e dovrebbero portare all'individuazione dei mandanti "a volto coperto", si è concluso il primo grado: il 9 dicembre 1999 la sentenza del processo ter ha comminato diciassette ergastoli e pene variabili dai sedici ai ventisei anni. Tra gli imputati, i boss Nitto Santapaola e Bernardo Brusca, il latitante Bernardo Provenzano, considerato il nuovo padrino di Cosa Nostra, il cassiere della mafia Pippo Calò, Domenico e Stefano Ganci. Pesanti condanne anche per i pentiti: ventisei anni a Salvatore Cancemi e ventitrè a Giovanbattista Ferrante. Il 13 febbraio 1999 la prima sentenza del processo bis ha visto l'incriminazione, tra gli altri, di Salvatore Riina.
Sono attualmente in corso i processi d'appello.
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