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mercoledì 30 aprile 2008

Per non dimenticare il Primo Maggio

Per non dimenticare

Il Primo maggio: storia e significato di una ricorrenza
Origini del Primo maggio 
Tra Ottocento e Novecento 
Il Ventennio fascista 
Dal dopoguerra a oggi 

Origini del Primo maggio 

Il 1° maggio nasce il 20 luglio 1889, a Parigi. A lanciare l'idea è il congresso della Seconda Internazionale, riunito in quei giorni nella capitale francese : 
"Una grande manifestazione sarà organizzata per una data stabilita, in modo che simultaneamente in tutti i paesi e in tutte le città, nello stesso giorno, i lavoratori chiederanno alle pubbliche autorità di ridurre per legge la giornata lavorativa a otto ore e di mandare ad effetto le altre risoluzioni del Congresso di Parigi". 
Poi, quando si passa a decidere sulla data, la scelta cade sul 1 maggio. Una scelta simbolica: tre anni prima infatti, il 1 maggio 1886, una grande manifestazione operaia svoltasi a Chicago, era stata repressa nel sangue. 

Man mano che ci si avvicina al 1 maggio 1890 le organizzazioni dei lavoratori intensificano l'opera di sensibilizzazione sul significato di quell'appuntamento. 

"Lavoratori - si legge in un volantino diffuso a Napoli il 20 aprile 1890 - ricordatevi il 1 maggio di far festa. In quel giorno gli operai di tutto il mondo, coscienti dei loro diritti, lasceranno il lavoro per provare ai padroni che, malgrado la distanza e la differenza di nazionalità, di razza e di linguaggio, i proletari sono tutti concordi nel voler migliorare la propria sorte e conquistare di fronte agli oziosi il posto che è dovuto a chi lavora. Viva la rivoluzione sociale! Viva l'Internazionale!". 
Monta intanto un clima di tensione, alimentato da voci allarmistiche: la stampa conservatrice interpreta le paure della borghesia, consiglia a tutti di starsene tappati in casa, di fare provviste, perché non si sa quali gravi sconvolgimenti potranno accadere. 

Da parte loro i governi, più o meno liberali o autoritari, allertano gli apparati repressivi.
In Italia il governo di Francesco Crispi usa la mano pesante, attuando drastiche misure di prevenzione e vietando qualsiasi manifestazione pubblica sia per la giornata del 1 maggio che per la domenica successiva, 4 maggio. 

In diverse località, per incoraggiare la partecipazione del maggior numero di lavoratori, si è infatti deciso di far slittare la manifestazione alla giornata festiva. 

Del resto si tratta di una scommessa dall'esito quanto mai incerto: la mancanza di un unico centro coordinatore a livello nazionale - il Partito socialista e la Confederazione generale del lavoro sono di là da venire - rappresenta un grave handicap dal punto di vista organizzativo. Non si sa poi in che misura i lavoratori saranno disposti a scendere in piazza per rivendicare un obiettivo, quello delle otto ore, considerato prematuro da gran parte dei dirigenti del movimento operaio italiano o per testimoniare semplicemente una solidarietà internazionale di classe. 

Proprio per questo la riuscita del 1 maggio 1890 costituisce una felice sorpresa, un salto di qualità del movimento dei lavoratori,che per la prima volta dà vita ad una mobilitazione su scala nazionale, per di più collegata ad un'iniziativa di carattere internazionale. 

In numerosi centri, grandi e piccoli, si svolgono manifestazioni, che fanno registrare quasi ovunque una vasta partecipazione di lavoratori. Un episodio significativo accade a Voghera, dove gli operai, costretti a recarsi al lavoro, ci vanno vestiti a festa. 
"La manifestazione del 1 maggio - commenta a caldo Antonio Labriola - ha in ogni caso superato di molto tutte le speranze riposte in essa da socialisti e da operai progrediti. Ancora pochi giorni innanzi, la opinione di molti socialisti, che operano con la parola e con lo scritto, era alquanto pessimista". 
Anche negli altri paesi il 1 maggio ha un'ottima riuscita: 
"Il proletariato d'Europa e d'America - afferma compiaciuto Fiedrich Engels - passa in rivista le sue forze mobilitate per la prima volta come un solo esercito. E lo spettacolo di questa giornata aprirà gli occhi ai capitalisti". 
Visto il successo di quella che avrebbe dovuto essere una rappresentazione unica, viene deciso di replicarla per l'anno successivo. 
Il 1 maggio 1891 conferma la straordinaria presa di quell'appuntamento e induce la Seconda Internazionale a rendere permanente quella che, da lì in avanti, dovrà essere la "festa dei lavoratori di tutti i paesi".

 
 

Tra Ottocento e Novecento

Inizia così la tradizione del 1 maggio, un appuntamento al quale il movimento dei lavoratori si prepara con sempre minore improvvisazione e maggiore consapevolezza. L'obiettivo originario delle otto ore viene messo da parte e lascia il posto ad altre rivendicazioni politiche e sociali considerate più impellenti. La protesta per le condizioni di miseria delle masse lavoratrici anima le manifestazioni di fine Ottocento. 

Il 1 maggio 1898 coincide con la fase più acuta dei "moti per il pane", che investono tutta Italia e hanno il loro tragico epilogo a Milano. Nei primi anni del Novecento il 1 maggio si caratterizza anche per la rivendicazione del suffraggio universale e poi per la protesta contro l'impresa libica e contro la partecipazione dell'Italia alla guerra mondiale.

Si discute intanto sul significato di questa ricorrenza: giorno di festa, di svago e di divertimento oppure di mobilitazione e di lotta ? 

Un binomio, questo di festa e lotta, che accompagna la celebrazione del 1 maggio nella sua evoluzione più che secolare, dividendo i fautori dell'una e dell'altra caratterizzazione.

Qualcuno ha inteso conciliare gli opposti, definendola una "festa ribelle", ma nei fatti il 1 maggio è l'una e l'altra cosa insieme, a seconda delle circostanze più lotta o più festa. 

Il 1 maggio 1919 i metallurgici e altre categorie di lavoratori possono festeggiare il conseguimento dell'obiettivo originario della ricorrenza: le otto ore. 

 
 

Il ventennio fascista

Nel volgere di due anni però la situazione muta radicalmente: Mussolini arriva al potere e proibisce la celebrazione del 1 maggio. 

Durante il fascismo la festa del lavoro viene spostata al 21 aprile, giorno del cosiddetto Natale di Roma; così snaturata, essa non dice più niente ai lavoratori, mentre il 1 maggio assume una connotazione quanto mai "sovversiva", divenendo occasione per esprimere in forme diverse - dal garofano rosso all'occhiello alle scritte sui muri, dalla diffusione di volantini alle bevute in osteria - l'opposizione al regime.

 
 

Dal dopoguerra a oggi

All'indomani della Liberazione, il 1 maggio 1945, partigiani e lavoratori, anziani militanti e giovani che non hanno memoria della festa del lavoro, si ritrovano insieme nelle piazze d'Italia in un clima di entusiasmo. 

Appena due anni dopo il 1 maggio è segnato dalla strage di Portella della Ginestra, dove gli uomini del bandito Giuliano fanno fuoco contro i lavoratori che assistono al comizio. 

Nel 1948 le piazze diventano lo scenario della profonda spaccatura che, di lì a poco, porterà alla scissione sindacale. Bisognerà attendere il 1970 per vedere di nuovo i lavoratori di ogni tendenza politica celebrare uniti la loro festa.

Le trasformazioni sociali, il mutamento delle abitudini ed anche il fatto che al movimento dei lavoratori si offrono altre occasioni per far sentire la propria presenza, hanno portato al progressivo abbandono delle tradizionali forme di celebrazione del 1 maggio. 

Oggi un'unica grande manifestazione unitaria esaurisce il momento politico, mentre il concerto rock che da qualche anno Cgil, Cisl e Uil organizzano per i giovani sembra aderire perfettamente allo spirito del 1 maggio, come lo aveva colto nel lontano 1903 Ettore Ciccotti: 
"Un giorno di riposo diventa naturalmente un giorno di festa, l'interruzione volontaria del lavoro cerca la sua corrispondenza in una festa de'sensi; e un'accolta di gente, chiamata ad acquistare la coscienza delle proprie forze, a gioire delle prospettive dell'avvenire, naturalmente è portata a quell'esuberanza di sentimento e a quel bisogno di gioire, che è causa ed effetto al tempo stesso di una festa".

sabato 26 aprile 2008

Abbiamo il potere

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Abbiamo il potere
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(Madre Teresa di Calcutta)

Abbiamo il potere di essere in Paradiso con Dio già adesso,

di essere felici con lui anche in questo momento,

se amiamo come lui ama,

se aiutiamo come lui aiuta,

se doniamo come lui dona,

se serviamo come lui serve.

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venerdì 25 aprile 2008

Gruppo Teatrale La Fraglia



1900-2000 storia di un secolo


"LA FRAGLIA" - Vicenza


Sabato 3 Maggio 2008, ore 20:30 - Ingresso libero Per tutti



Il secolo scorso è stato un secolo di guerre, di invenzioni, di conquiste, di grande progresso. Abbiamo cercato di percorrerlo mostrando alcuni momenti tristi che ricordano le guerre, ed altri più allegri e spensierati che rivivono il quotidiano.


E chi meglio di una famiglia, che da sempre rappresenta la nostra società, poteva fare questo percorso, una famiglia che nel bene e nel male affronta la vita con coraggio e anche spensieratezza?

LA STORIA NON SI CANCELLA

    

« Tu non sai le colline

dove si è sparso il sangue.

Tutti quanti fuggimmo

tutti quanti gettammo

l'arma e il nome. »

    (Cesare Pavese, da La terra e la morte 9 novembre 1945)

Nel corso della seconda guerra mondiale, la Resistenza italiana (chiamata anche Resistenza partigiana o più semplicemente Resistenza) sorse dall'impegno comune delle ricostituite forze armate del Regno del Sud, di liberi individui, partiti e movimenti che, dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 e la conseguente invasione dell'Italia da parte della Germania nazista, si opposero - militarmente o anche solo politicamente - agli occupanti e alla Repubblica Sociale Italiana, fondata da Benito Mussolini sul territorio controllato dalle truppe germaniche.

Il movimento resistenziale - inquadrabile storicamente nel più ampio fenomeno europeo della resistenza all'occupazione nazista - fu caratterizzato in Italia dall'impegno unitario di molteplici e talora opposti orientamenti politici (cattolici, comunisti, liberali, socialisti, azionisti, monarchici, anarchici). I partiti animatori della Resistenza, riuniti nel Comitato di Liberazione Nazionale (CLN), avrebbero più tardi costituito insieme i primi governi del dopoguerra.

La Resistenza costituisce il fenomeno storico nel quale vanno individuate le origini stesse della Repubblica italiana. Infatti, l'Assemblea costituente, eletta il 2 Giugno 1946 contestualmente allo svolgimento del referendum istituzionale, fu in massima parte composta da esponenti dei partiti del CLN (PCI, PSIUP, DC) che, in tale veste, elaborarono la Costituzione, ispirata ai princìpi della democrazia e dell'antifascismo.    « Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un Italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra costituzione. »

    (Piero Calamandrei, Discorso ai giovani sulla Costituzione nata dalla Resistenza. Milano, 26 gennaio 1955)

LA STORIA NON SI CANCELLA
25 aprile: cosa c'è da revisionare?


di Andrea Camilleri

Un senatore, persona assai vicina al presidente Berlusconi, poco prima del voto, ha dichiarato che si sarebbe adoperato perché, nei libri di storia, almeno in quelli a uso scolastico, il «mito» del 25 aprile, cioè della Liberazione, venisse opportunamente ridimensionato.

Non è il primo e, certamente, non sarà l'ultimo a manifestare questo proposito. Che equivale, esattamente, a voler ridimensionare il Risorgimento. Il Risorgimento non è un mito, ma un fatto, come lo sono la Resistenza e la Liberazione.

Gli eventi storici che portarono alla Resistenza sono così semplici da essere assolutamente incontrovertibili, non possono essere né revisionati (la Storia non è un'automobile alla quale rilasciare tagliandi di validità a scadenze stabilite) né ridimensionati. Dopo l'ignominiosa fuga del re e di Badoglio da Roma, gli italiani e le forze armate italiane furono abbandonate a se stesse e il nostro paese venne militarmente occupato dai soldati di Hitler. Allora furono in molti a ribellarsi a questa occupazione diventando partigiani, combattenti per liberare la Patria dallo straniero.

Si trovarono fianco a fianco comunisti, socialisti, cattolici, liberali, uomini del partito d'azione, ufficiali dell'esercito, graduati, soldati, senza partito, reduci dai vari fronti.

Fu un movimento del tutto spontaneo e popolare. Solo dopo, solo quando il fantoccio Mussolini creò la Repubblica di Salò, la guerra di Liberazione divenne anche lotta contro i repubblichini che avevano così entusiasticamente affiancato i nazisti, autori d'innumerevoli stragi contro la popolazione inerme.

Non si trattò di una guerra civile, come affermano alcuni storici, e se lo fu in parte questo avvenne come conseguenza dell'intervento dei fascisti. I partigiani hanno segnato una pagina gloriosa della nostra storia. Hanno permesso che l'Italia si riscattasse dalle colpe del fascismo, prime tra tutte le leggi razziali, e riacquistasse la sua dignità di nazione. Hanno fatto sì che nascesse uno Stato democratico, hanno fatto sì che si potesse scrivere una Costituzione alla stesura della quale hanno contribuito tutti i rappresentanti delle diverse volontà popolari.

Hanno fatto rinascere l'Italia. Che c'è da revisionare?

Testo scritto per la rivista «Il Salvagente»

Ci sedemmo dalla parte del torto visto che tutti gli altri posti erano occupati - Bertold Brecht -

Il 25 aprile e la Resistenza

Il 25 aprile e la Resistenza

Non è possibile parlare del 25 aprile senza chiarire cosa fu la Resistenza in Italia.

Dopo il 25 luglio del 1943, l'Italia si trovò drammaticamente tagliata in due: al sud si formò il governo Badoglio nato dalla caduta di Mussolini e appoggiato dagli Alleati anglo-americani; nel nord i fascisti fedeli a Mussolini crearono la Repubblica Sociale Italiana sostenuta dalle truppe tedesche.

 I repubblichini (così vennero chiamati i sostenitori della Repubblica di Salò) furono particolarmente spietati contro gli ebrei e i partigiani, che cominciarono ad operare in modo sempre più organizzato e strutturato.

Nell'autunno del 1943 il Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) chiama tutti gli italiani alla lotta contro tedeschi e repubblichini: è la data di nascita ufficiale della Resistenza.

Nonostante le recenti riletture, gli storici sono pressoché concordi nel riconoscere alla Resistenza la valenza di espressione di volontà di riscatto dal fascismo e, al contempo, di difesa dell'Italia dall'aggressione tedesca dopo la caduta del regime fascista.

Claudio Pavone, uno dei più importanti storici della resistenza, osserva:

«Affermare che la Resistenza è anche guerra civile […] significa sforzarsi di comprendere come i tre aspetti della lotta – patriottica, civile, di classe –, analiticamente distinguibili, abbiano spesso convissuto negli stessi soggetti individuali o collettivi»

(da Una guerra civile. Saggio storico sulla moralità della Resistenza).

Proprio l'aspetto della lotta di classe, intesa come possibiltà di sovvertire non solo il fascismo ma anche l'ordine sociale, era particolarmente sentito da numerosi combattenti, che in parte criticarono aspramente la cosiddetta "svolta di Salerno" compiuta da Togliatti.

sabato 19 aprile 2008

Devi andare d'accordo con te stesso

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Devi andare d'accordo con te stesso
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(Jerry Lewis, dal film: "Le folli notti del dottor Jerril")

Non devi essere quello che non sei, qualcun altro. Devi andare d'accordo con te stesso. Pensa a tutto il tempo che devi trascorrere con te stesso... Se non hai stima di te stesso, come puoi pretendere che l'abbiano gli altri?

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venerdì 18 aprile 2008

La pace dipende anche da me

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La pace dipende anche da me
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(Carla Zichetti)

Non costruisco la pace quando non apprezzo lo sforzo, la virtù degli altri; quando pretendo l'impossibile, quando sono indifferente al bene e al male degli altri;
non costruisco la pace quando lavoro per due per poter comprare e mantenere il superfluo, mentre c'è chi non trova lavoro e non ha il necessario, l'indispensabile per vivere;
non costruisco la pace quando non perdono, quando non chiedo scusa, quando non faccio il primo passo per riconciliarmi, anche se mi sento offesa o credo di aver ragione;
non costruisco la pace quando lascio solo chi soffre e mi scuso dicendo: «Non so cosa dire, cosa fare, non lo conosco»;
non costruisco la pace quando chiudo la porta del cuore, quando chiudo le mani, la bocca e non faccio niente per unire, conciliare, scusare;
non costruisco la pace quando penso solo ai fatti miei, al mio interesse e tornaconto, al mio benessere e ai miei beni;
non costruisco la pace quando rispondo: «non ho tempo» e tratto il prossimo come uno scocciatore, un rompiscatole;
non costruisco la pace quando mi metto volentieri e di preferenza dalla parte di chi ha potere, ricchezza, sapienza, furbizia, anziché dalla parte del debole, dell'indifeso, del dimenticato, dalla parte di colui il cui nome non è scritto sull'agenda di nessuno;
non costruisco la pace quando non aiuto il colpevole a redimersi;
non costruisco la pace quando taccio di fronte alla menzogna, all'ingiustizia, alla maldicenza, alla disonestà, perché non voglio noie;
non costruisco la pace quando non compio il mio dovere sia nel luogo di lavoro che verso i miei familiari;
non costruisco la pace quando sfrutto il mio prossimo in stato di dipendenza, inferiorità, indigenza, malattia;
non costruisco la pace quando rifiuto la croce, la fatica;
non costruisco la pace quando dico no alla vita;
non costruisco la pace quando non mi metto in ginocchio per invocarla, per ottenerla, per viverla;

Allora quand'è che costruisco la pace?
Quando al posto del «no» metto un «sì»
quando al posto del rancore, metto il perdono
quando al posto della morte, metto la vita,
quando al posto dell'io, metto Dio.

«La pace è un tuo dono, Signore.
Per ottenerla occorre pregare, amare, soffrire.
Occorre pagare di persona. Scomparire.
Eccomi o Signore.
Fammi seminatrice di pace.
Signore, donaci la tua pace».

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mercoledì 16 aprile 2008

C'è vita solo dove c'è amore

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C'è vita solo dove c'è amore
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(Mahatma Gandhi)

C'è vita solo dove c'è amore.
La vita senza amore è morte.
La legge dell'amore governa il mondo.
Se c'è nel cuore umano un amore puro, tutto il resto segue automaticamente e il campo del servizio è illimitato.
Se si aprono le porte del cuore tutto può entrarvi.

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lunedì 14 aprile 2008

Il presepe siamo noi

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Il presepe siamo noi
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(Marco Pappalardo)

Il nostro corpo presepe vivente,
nei luoghi dove siamo chiamati a vivere e lavorare.
Le nostre gambe come quelle degli animali
che hanno visitato la grotta "quella notte".
Il nostro ventre come quello di Maria
che ha accolto e fatto crescere Gesù.
Le nostre braccia come quelle di Giuseppe
che l'hanno cullato, sollevato, abbracciato e lavorato per lui.
La nostra voce come quella degli angeli
per lodare il Verbo che si è fatto carne.
I nostri occhi come quelli stupiti di tutti coloro
che la Notte Santa l'hanno visto nella mangiatoia.
Le nostre orecchie come quelle dei pastori
che hanno ascoltato attoniti il canto divino proveniente dal cielo.
La nostra intelligenza come quella dei Magi
che hanno seguito la stella fino alla Sua casa
Il nostro cuore come la mangiatoia
che ha accolto l'Eterno
che si è fatto piccolo e povero come uno di noi.

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venerdì 11 aprile 2008

Decalogo di Assisi


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Decalogo di Assisi
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(Giovanni Paolo II)

1. NOI CI IMPEGNAMO a proclamare la nostra ferma convinzione che violenza e terrorismo s'oppongono al vero spirito religioso, condannando ogni ricorso alla guerra e alla violenza in nome di Dio o della religione; noi ci impegniamo a fare tutto il possibile per sradicare le cause del terrorismo.

2. NOI CI IMPEGNAMO ad educare le persone al rispetto e alla stima reciproca, affinché si possa giungere ad una coesistenza pacifica e solidale tra membri d'etnie, culture e religioni diverse.

3. NOI CI IMPEGNAMO a promuovere la cultura del dialogo, in modo da sviluppare la comprensione e la fiducia reciproche tra gli individui e tra i popoli, perché queste sono le condizioni di una pace autentica.

4. NOI CI IMPEGNAMO a difendere il diritto di ogni persona umana ad una esistenza degna, conforme alla sua identità culturale e a costituire liberamente una famiglia che le sia propria.

5. NOI CI IMPEGNAMO a dialogare con sincerità e pazienza, non considerando come un muro invalicabile ciò che ci separa ma, al contrario, riconoscendo che il confronto con la diversità degli altri può divenire occasione di una più grande comprensione reciproca.

6. NOI CI IMPEGNAMO a perdonarci reciprocamente gli errori e i pregiudizi passati e presenti e sostenerci nello sforzo comune per vincere l'egoismo e l'abuso, l'odio e la violenza, e per imparare dal passato che la pace senza giustizia non è una pace autentica.

7. NOI CI IMPEGNAMO ad essere dalla parte di coloro che soffrono la miseria e l'abbandono facendoci voce dei senza voce e lavorando concretamente per superare tali situazioni, convinti che nessuno può essere felice da solo.

8. NOI CI IMPEGNAMO a far nostro il grido di chi non si rassegna alla violenza e al male e desideriamo contribuire con tutte le nostre forze a dare all'umanità del nostro tempo una reale speranza di giustizia e di pace.

9. NOI CI IMPEGNAMO ad incoraggiare ogni iniziativa per l'amicizia tra i popoli, convinti che se manca una solida intesa tra i popoli, il progresso tecnologico espone il mondo a dei rischi crescenti di distruzione e di morte.

10. NOI CI IMPEGNAMO a chiedere ai responsabili delle nazioni di fare tutti gli sforzi possibili perché, a livello nazionale e internazionale, sia costruito e consolidato un mondo di solidarietà e di pace fondata sulla giustizia.

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martedì 8 aprile 2008

Fedeltà

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Fedeltà
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(Kahlil Gibran, The Broken Wing)

I momenti che ci hanno unito
sono più grandi dei secoli,
e la luce che ha illuminato il nostro spirito
è più forte del buio;
e se la tempesta ci separa
in questo implacabile oceano,
le onde ci riuniranno sulla placida spiaggia;
e se questa vita ci uccide,
la morte ci unirà.
Il cuore di una donna
non cambia con il tempo e le stagioni;
anche se muore in eterno,
non si distrugge mai.
Il cuore di una donna è come un campo
trasformato in terreno di guerra:
sradicati gli alberi, bruciata l'erba,
rosse di sangue le pietre
e trafitto di ossa e crani il suolo,
rimane calmo e tacito
come se nulla fosse accaduto,
poichè primavera e autunno
tornano nel loro tempo
e riprendono il loro lavoro.

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giovedì 3 aprile 2008

La preghiera

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La preghiera
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(Bruno Ferrero, Il segreto dei pesci rossi)

La catechista interroga i suoi bambini sulla preghiera.
"Vediamo: tu reciti le preghiere alla sera?".
"Certo".
"E anche al mattino?".
"No!".
"Perché?".
"Di giorno non ho mica paura".

Spesso è solo la paura che ci fa pregare.Che umiliazione per noi e soprattutto per Dio! La preghiera è la semplicità dell'amore che parla.
Preghiera che fa sorgere il sole, preghiera che batte sul muro, qualunque sia il codice, preghiera che sa che dall'altra parte qualcuno ascolta.

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mercoledì 2 aprile 2008

Chi è l'uomo?

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Chi è l'uomo?
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(Emerson)

L'uomo è ciò che pensa durante il giorno.

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